PORTRAITS
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Sezione dedicata ai ritratti | portrait section
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146 imagesRITRATTI DI TEATRO Capita con assoluta frequenza di accendere i nostri telefoni per fotografare noi stessi o gli altri. Perché poi, alla fin fine, il ritratto è una delle forme più praticate di immagine. Un'abitudine quotidiana. Lo facciamo per affermare di esser stati qua o là, alla ricerca della giusta posa, o magari nascondendo un'espressione per una più immediata, come prova, più in generale, di esserci. Ma “farsi un selfie” è un'esperienza diversa dal trovarsi di fronte ad un fotografo -ma non nel senso di meglio o peggio: altra. E come fotografo ciò che mi affascina in primis del ritratto è questo incontro. Fotografare l'altro diventa una sorta di seduta (pseudo, ovviamente) psicologica in cui due, o più, persone sono in qualche modo spinte a togliersi la maschera. O magari giocarci. C'è bisogno del giusto tempo -materiale raro- del giusto spazio e poi di comporre la luce. E dato che siamo di fretta anche una sola luce va benissimo. Fotografare gli attori e le compagnie durante il Fringe è stato questo. Frugare spazi dietro le quinte, nicchie, magazzini o depositi che le diverse location del festival offrivano. Incontrare poi sconosciuti con cui tessere discorsi importanti partendo dai temi dei loro spettacoli e delle loro proiezioni -di attualità, urgenti e più coraggiosi rispetto a tanti prodotti mainstream. Garantire che non si trattava di una intervista video, ma cercare di buttarla sul “sto semplicemente cercando di congelare quel frammento di te che, mi auguro, resterà”. Come immaginavo si è trattato di incontri intensi e belli. La presente è una selezione del risultato. Grazie quindi a tuttə coloro che sono riuscito ad incontrare, a chi mi ha supportato per il progetto e al Fringe per questa occasione.
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14 imagesIl metodo scelto per realizzare queste immagini è stato concepito a monte del viaggio stesso. L'idea è stata quella di realizzare dei ritratti di migranti, in piedi e su sfondo neutro – possibilmente bianco. Per raggiungere questo scopo è stata fondamentale la presenza di tende e container abitabili. Dalla seconda metà del 2015, quando il flusso dei migranti è aumentato massicciamente, in Macedonia e Seria -i due stati percorsi per il reportage- sono infatti sorti numerosi centri di transito e di accoglienza nei punti più sensibili, in particolare prima e dopo le frontiere. La presente gallery è costituita da immagini di singoli e gruppi ritratti a varie distanze. La scelta dei piani di ripresa è stata influenzata dalle necessità incontrate sul campo, ma soprattutto da una precisa volontà estetica, conseguenza dell'incontro con le persone intervistate. Viene così posto l'accento sulle espressioni, sui voti e sui gesti, cercando di creare e cogliere un momento riflessivo, per quanto breve. Lucidità frammista alla tempesta del viaggio. Lasciare che siano le persone, messe in posa e decontestualizzate, a scegliere come apparire. L'intento autoptico è stato chiaramente influenzato dalle condizioni in cui venivano ad essere realizzati i ritratti. Una somma di azioni comunemente normali -raggiungere il luogo dello scatto, suggerire la posa ed attendere la realizzazione delle fotografie- si è trasformata talvolta in una prassi stressante e dolorosa per i soggetti coinvolti. I casi più evidenti sono stati quelli di madri incinte, con bambini disabili o passeggini o quelli in cui i soggetti ritratti erano obbligati da condizioni atmosferiche avverse. La scelta dei soggetti da ritrarre è stata dettata principalmente da due macro-temi: i ricongiungimenti famigliari, ovvero donne e bambini che viaggiano per raggiungere il marito che è giunto in Europa in precedenza e gli uomini soli, bloccati alle frontiere perché di nazionalità non accettata (secondo le ultime volontà dei differenti stati e della conseguente mancanza di una politica estera europea comune). Ci sono tuttavia fotografie che esulano da queste due “categorie”.
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24 imagesda èBiella, di Fabrizio Lava L’approccio fotografico apparentemente immediato non deve tradire l'implicita e forte dichiarazione della composizione di Ritratto Suburbano. Per essere compreso appieno il progetto necessita di una una lettura simbiotica immagine-didascalia, in cui si risponda al cortocircuito che nasce dal confronto di questi due elementi. L’autore così descrive il suo approccio: "le periferie (come indeterminatezza rispetto al centro cittadino o ad altri elementi di identità delle città - come le fabbriche nel caso di Biella) vengono quindi intese come luoghi di passaggio, punti di transito; non hanno tendenzialmente caratteri definiti come invece è proprio dei centri cittadini. Il punto è che cambiare una didascalia con un’altra corrisponde a non denotare quel luogo, ma a disperderlo: a definire con un nome un altro posto, a far perdere di forza un nome". Spaesamento, non luoghi, periferia uguale ad altre miIle periferie, Italia, Europa, mondo, non importa, la periferia è periferia per Matteo, così la spersonalizza ancora di più con incontri casuali, con scatti neutri perché il ragionamento arrivi meglio allo spettatore, non si faccia distrarre dall’esercizio di stile del singolo scatto, magari ammiccante, magari furbo, magari provocatore. Qui è la complessiva lettura dell’installazione fotografica - perché di questo in fondo si tratta - che deve essere giudicata, vista, compresa e assimilata. Un messaggio chiaro all’urbanista, al legislatore: in un processo di riqualificazione di una città, è bene cercare di renderla il meno possibile l’una uguale all’altra, perché altrimenti il rischio è che di quella periferia non ci si appropri, e quindi prima o poi la si butti via.